Parlare al buio

Non vado mai a piedi. Nessuno va mai a piedi su queste strade che portano nei paesini. Se uno va a piedi è perché non ha niente da fare oppure perché non possiede una macchina. In tutti e due i casi è colpevole.

Ci troviamo in un paese del Nordest italiano: una voce narrante all’inizio parla di sé e poi ci conduce, attraverso altre vicende e altri personaggi, a ritroso nel tempo, fino a raggiungere l’infanzia dei protagonisti. Forse è proprio il tempo il tema più importante: la voce ora disincantata, ora ironica, ora intensamente poetica che compie questa discesa nella memoria inventa uno sguardo inedito su una provincia investita e sconvolta in pochi decenni da un’ondata di mutamenti. Ci sono tutti: i furbi e le disadattate di ieri e di oggi, le buone e gli spaventati, i preoccupati e le convinte, con il lavoro, il sesso e i suoi sogni accesi; tutto un paese che risponde all’appello del tempo, insieme con gli alberi e gli animali, compresi in una comune vorticosa accelerazione che so-spende le singole esistenze in un falso movimento o in un delirio dell’immobilità. Dalle soglie del nuovo secolo, uno sguardo al passato prossimo che oggi, a vent’anni dall’inizio delle vicende narrate, può farci comprendere meglio chi siamo stati, chi siamo e chi potremmo forse ancora essere.