ABBA’, ALLAH
Ha Jasmine sì tonde orbite nere,
è bella in stelle notte di Isrā e Mi΄raj,
ridon soavi le mani leggere
di Guerrouane, com’io profetai.
Un dì per gioco in chiesa la portai:
“Gesù chiama Abbà Allah!”, piacere
numinoso di pace tra i rosai,
prima che ci schiacciasse il mal potere.
Un dì d’autunno l’empio animal odioso,
le guance impallidì a Jasmine dolce.
O sera o città, chi disse: “Talithà”?
E Tu, chi sei, Tu?, Gesù, Abbà, Allah…
Beva Zemzem o Siloè, Tu focoso
dì “Va’”. “Shemà”, che l’anima ci molce.