La Zanzara
Già la zanzara morde fastidiosa
la caviglia e l’afa strozza il verbo:
ch’esso mi narri storia prima ancora,
resta fiume di rabbia nella gola;
poi tu continui caldo a strapazzarmi,
dicendo come vivermi la gravida
ingiustizia del nostro stare al mondo
e come sopravvivere, aggiustarmi,
farmi adulta: guarda, lasciami stare,
non è cosa, non è casa questa stanza
serrata di cucina a luce bassa.
Taci, non dir parola, sbrana avanzi
della cena, (tu dolce amore mio)
buon appetito: io esco di scena.