Filo d’erba
Racconti brevi, o brevissimi, dipingono un mosaico di voci femminili che aleggiano sul filo d’erba della solitudine, o meglio, delle tante solitudini che compongono queste storie, comunissime dispersioni e rinascite, perdite e illuminazioni, dove la fatica di stare nel mondo diventa macigno di sogni, ora agognati allo spasimo, ora franti e rassegnati, ai piedi del monte dell’esistenza. L’animo sempre curvo sui tanti ruoli che travagliano le stagioni della vita, spesso l’io narrante, senza infamia e senza gloria, tende a sfuggire alle proprie angosce come anguilla che scivola e guizza tra le mani, pur di rimanere a galla nel proprio immobilismo. Pur di non identificarsi troppo a lungo con il problema, odi doversene giustificare. Affidando la narrazione a un parlato sommesso ,dilazionando i ricordi delle azioni in movimenti rapidi e fugaci di ballerine in gabbia, queste figure restano tuttavia autentiche testimoni della solitudine delle loro scelte, a volte con ironica consapevolezza, a volte con rabbia e l’ansia fobica di non volere più sentir parlare di se stesse pur ciarlandone in modo continuo ed esacerbato, altre, con uno stupefacente pensiero di gratitudine per la vita e il dono che hanno ricevuto in una lotta tanto impari. Nello specchio di queste ambivalenze soverchie e continue, l’empatia per la propria condizione travalica il genere e rappresenta commedia più ampia e universale, dove ai destini umani si legano le note della bellezza contristata del vivere.