Archivio Sonetti

No alla violenza

Nel silenzio che preme il tuo cuore
Oscurato da un tempo che muta,
Aprirò le mie braccia all’amore:
Libertà influente, spesso taciuta.

L’incerto doman rifugge le ore,
Annuncia la gioia ch’ella rifiuta;
Violenza che ottunde il valore,
Illusione d’una vita perduta!

O, lealtà, dona a noi speranza:
Luminosa occasion di salvezza;
Empatia che esclude arroganza,

Necessaria a scacciar l’incertezza.
Zinnie arancio ornano la stanza;
A riprova della viva bellezza.

Noi donne

Posso appartarmi
nel dolore incompreso,
nell’angolo della vita
in rassegnata attesa

Posso guardare gli anni
della fresca bellezza
e nutrirmi
di ricordi e rimpianti

Posso arricchir le fila
di noialtre spettatrici
di altre vite,
di altri progetti e volti felici

Oppure no,
oppur vivere e rinascere,
sbocciare libera
e imparare ad amarmi

Scoprire la delicata poesia
di nuovi candori
e nella ruga
riscoprire la ricchezza di emozioni

Posso abbracciarmi
e sentir l’ebbrezza
di una nuova
libertà
dove vale ciò che si è,
non ciò che si da.

Non capiamo

Che ci appassiona più di questa vita
è il desiderio antico di capire
che cosa esista, quando sia finita
quest’avventura che ci fa patire.

Noi sopportiamo insieme la fatica
di scegliere tra il male di morire
e la fortuna d’una sorte amica
di andarsene così,. senza soffrire.

Temiamo che null’altro venga dopo
e il brano d’esistenza che viviamo
appaia come quasi senza scopo,

così che quando infine decidiamo
di abbandonare della vita il gioco,
per una volta ancora non capiamo.

Non ho mai amato tanto….

Non ho mai amato tanto… come adesso,

non so dove possa prendere questa forza

che ti lascia assaporare appetibili ricordi,

li riponi edulcorati nello scrigno della vita.

 

Non azzardo e non proviene dal diniego

il respingere la voglia di trovarsi,

non dipende dal comprendere l’invito,

se sia celere riconoscerne l’importanza.

 

I miei figli sono oro e costante è il lor valore,

non c’è spread che possa agire nell’organico

calmiere che riporta discrepanze sui mercati,

ma ripiega desolato alla Fronda del potere.

 

Poi c’è Lei che non risponde, ma partecipe

del dolor che non fomenta con le parole,

ma declina, ad ogni invito, di soccorrere

al bisogno di vedersi e fugge via ritrosa.

 

Ecco mamma che col sorriso mi rinnova

la presenza in un luogo a me vicino, quasi

fosse una porzione di supplizio condiviso,

ma non sa che quella croce è di sostegno.

 

Non ho mai amato tanto e come prece

mi riparo dall’angoscia nel divin pensiero.

Non mi resta che aspettare ricompensa, gioia e vanto 
… tanto ho amato… ma altrettanto ho pianto.

Non mi aspetto quasi niente

Non mi paga questa volta celeste piena di stelle,

non girano giusti né i carri né i cerchi di Saturno:

vorrei ben altre note da questo cupo notturno

non sento grilli e neppur le lucciole vedo belle.

 

Cosa mi manca in una notte di luna piena?

Passano veloci i pensieri neri ma lasciano traccia,

fanno capolino dagli occhi e sulle pieghe della faccia

spariscono distratti dietro il volo di una falena.

 

Domani passerà senz’amore, come data sul calendario,

se non vedrò nemmeno stasera la tua lucerna accesa,

nulla che conti, che meriti un appunto sul mio diario.

 

Vorrei attendere, come fa questo ragno paziente,

chissà se lui è capace di sperare ancora:

io non ho ragnatele, non mi aspetto quasi niente.

Nostalgia

Il vento sibila
fra le colline boscose
e sento note sommesse
di onde lontane.

Le sento arrivare
laggiù oltre il mare
dorato e inquieto
dove si tuffa il sole.

Chiudo gli occhi
e immagino i marosi
che s’infrangono
sui millenari graniti.

I pini e gli ulivi
piegati al volere
del vento impetuoso.

Fioriranno ancora
i gigli nella calura
sulle dune di sabbia.

Forza e bellezza
prendono forma
nell’ascolto della melodia
racchiusa in una conchiglia.

Notte di speranza

Dormirai rannicchiata nel silenzio della notte,
respirando il sapore del buio intorno a te.
Sognerai dolci dimore e terre verdeggianti
pettinate dalla musica del vento notturno.
Sentirai la pioggia sottile dell’aurora
bagnarti occhi, bocca e volto senza raggiungere
il tuo cuore stanco.

E poi, riposerai ancora un pò,
per rinforzare la speranza e uccidere
la paura di un nuovo incognito giorno.

Ecco.
La notte è ormai un ricordo.
I raggi del sole inebriano il prato
ancora umido di rugiada,
riscaldano gli alberi infreddoliti lungo la strada,
portando dolcemente il profumo del gelsomino
nella finestra di casa tua.

Notturno Quinto

Troppi pensieri, senza prestavoce.
Succede, allora, che il sonno non venga,
oppure che il risveglio sia precoce;
aspro e giallastro, come uva luglienga.

Parte la processione dei ricordi:
volti e parole, dalle mille stanze
della memoria, echi monocordi,
sagome che non hanno più sembianze…

Vorrei che non avessimo passato,
che una rivoluzione dei neuroni
scoppiasse, e tutto fosse cancellato.

E il tempo, infine, a furia di ablazioni,
sgretolasse questo filo spinato
che tiene soggiogate le emozioni.

Nuove mete

Sognar bianche vele tra le salse onde,
navigar lente verso acque profonde,
salpar per selvagge terre rocciose,
lontani mari e isole misteriose,

lenti fiumi, foreste resinose,
limpidi laghi, pianure feconde,
aridi deserti, valli boscose,
odorosi fiori, brillanti fronde.

Spazio e tempo restano da indagare,
il Globo tutto è già esplorato.
Terre ed isole selvagge e lontane

dei pionieri siete ormai utopie vane.
Un nuovo universo è agognato,
un’ambita meta dove viaggiare.

Nuvole

Nel cielo azzurro candidi, lontani
corrono ciuffi di lucente spuma,
con forma che, mutevole, s’aggruma
fin tanto che la brezza la dipani.

Lì sembra che si tendano due mani,
si stringano, e che tutta quella piuma
la forma d’un ardente abbraccio assuma.
Giurare par si senta: “Noi… domani…”

Però non dura: in breve si trasmuta
la nuvola, diventa biforcuta
e si rabbuia, andando avanti al sole.

Due nembi poi si fa, che il vento aiuta
a perdersi ciascuno dove vuole:
nessun domani, niente più parole.

Ombre amanti

Quantunque non avessero speranze
due ombre s’incontravano comunque
il luogo preferito era dovunque
e chiunque ne avvertiva le sembianze.
I corpi in abbracci si fondevano
e l’ombra delle ombre con la luna
mostrava come due fossero una
da cui solo due teste emergevano.
Dicono che restò brina fulgente
sul viale attraverso il bosco oscuro
come fosse passata una cometa;
dicono pure che erano contente
prima del loro impatto contro il muro
come sapendo il cielo loro meta.

 

Ordine regolare

Due giovani solitari
suscitano qualche perplessità
un gruppo di cinque o sei
è allegro e vocifera
con cento scoppia la rivoluzione
un battaglione per la guerra
un esercito abbandona le armi
e inaugura la pace.
Ci vorrebbero più eserciti
meno battaglioni
meno uomini in coppia solitaria
più donne alle fontane
libertine alle finestre
più porche con le braghe giù
più panni agli asciugatoi
più boccali a tavola
più rane negli stagni
i cinghiali che sono troppi
i cinghiali ahinoi con sommo dispiacere
come cerchi per il bersaglio ai poligoni.

Parole d’amore

Voglio donarti parole
non colme di sordi rancori,
pesanti di grandine nera
che cade bruciante nei cuori.

Voglio donarti parole
non pregne di odio feroce
che renda taglienti i miei occhi
frementi di rabbia furiosa.

Voglio donarti parole
che suonino fresche nell’aria
e volino lievi nel cielo
azzurre comete di pace.

Voglio donarti parole
che parlino un suono speciale,
voglio donarti
parole d’amore.

Paroline svitate

Qualche volta mi perdo le parole,
svitate farfalline se ne vanno al mare e
sugli scogli stanno a parlottare
mentre in libertà prendono il sole.

Col cappellino bianco sulla testa
si spalmano la crema sulla schiena;
che afa, si respira a malapena
e tutti han deciso di far festa.

Manca nell’aria una voce sonora
che rallegrò un dì questa  dimora,
tutto tace, l’anima è mesta,

parole tornate alla mia testa,
tornate dal mare al mio cospetto
vorrei crear con Voi un insolito sonetto!

Partenza

L’ultima notte urla di saette
stonate dal cuscino di granturco,
il lume sul comò diventa un orco
con la figlia del dottore e le civette.

È Tonino che ruzzola le botti,
mi svela a ogni tuono la zia Nina,
si arrabbia perché parti domattina
e mi stringe in un sussurro di biscotti.

Ma sabato ritorni, si vendemmia.
Un lampo accende di viola
la cassapanca nera e la coperta

e la valigia con la bocca aperta
sui mattoni ascolta
la Madonna muta sulla porta.

Passa il vento

Ora passa il vento caldo di giugno

lo spirito del tempo che disseta,

consola la terra, il suo digiuno,

sfiora l’erba, chiarore di seta.

 

Nel vigore dei ritmi della vita

piega lo stelo la spiga di grano;

è segno per l’anima smarrita,

che aspetta il gesto dolce di una mano.

 

Muore piano la pianta alla radice,

poi rinasce; è linfa di ogni cosa;

segreto che lo spirito non dice

 

vento dove l’anima riposa

che piega il ramo di una tamerice,

soffia piano sulla nuvola rosa.

 

Per Figaro

Una pantera d’ebano riempie il giorno
un miagolio soave e leggero ,
dona amore per sempre sincero
con allegria azzurra d’intorno.

Ricordi di vita felina
con occhi come stelle d’oro,
ora, con te, angeli in coro
hai lasciato felicità da sera a mattina.

Sei entrato in me, piccolo e vivace
rasserenavi istanti colorati di nero,
io stanca, baciavo il tuo viso.

Ogni mia lacrima, subito, sorriso
perché ogni gatto è meraviglia davvero,
e la tristezza dal mondo scappa veloce.

Per me il sonetto è…

Cos’è un sonetto? È quel componimento,

fatto di endecasillabi, italiano,

perché a inventarlo è stato un siciliano,

adatto a qualsivoglia sentimento.

 

Nacque a metà, più o meno, del duecento

e poi volando se ne andò lontano,

tant’è che diventò “elisabettiano”,

quando Guglielmo fece un cambiamento.

 

I numeri che “spiegano” il sonetto,

sono: il QUATTRO, i punti cardinali;

il TRE, la Trinità, la perfezione,

 

e il SETTE ch’è un totale benedetto

in quanto pare avere doti tali

da porre Cielo e Terra in comunione!

 

Perciò, in conclusione,

chiunque fa un sonetto dà l’avviso

d’avere almeno un piede in… paradiso.