Archivio Sonetti

Il mio pianto muto

Sento cantare sovra il pesco il cuore,
canto mite che mi colse nel vento
nella stagione che ridesta il fiore,
e di verde tinge il prato munto d’accento.

Bela il vello e la nota già risale
nel meriggio di girasoli e ginestre,
pioppi sfiorati dalla luce astrale
che, brucando fra le fitte zolle meridiane, appare.

Migra il sospiro silenzioso del canto
per i ruscelli tintinnanti d’acqua
ove il ricordo si posa di piuma.

Va scrosciando, ramingo e vasto, il mio pianto
muto, che il ciglio unto e terso or risciacqua:
come bagnasciuga che ridonda schiuma.

 

Il mio vecchio cuore e il mondo

D’oro e diamante vorrei rivestirmi il cuore

e di luce calda e alta ispirazione,

come un eterno tributo d’onore

ché dei peccati sia monito o espiazione.

 

Ma non si può fregiar il mio vecchio cuore

che incede barcollante dentro la città in costruzione,

il mio antico coraggio che ha perduto vigore,

la mia forza primeva, senza più costituzione.

 

Siamo fiamme che si estinguono in fretta,

lacrime divine, ma sporche di terra,

immagini d’Assoluto, ma in una via troppo stretta:

 

e che per salvarle può bastare una guerra?

Non fu abbastanza la virtù più schietta

che Cristo portò, dai ciel, sulla Terra.

Il mistero delle parole

Da un soffio di voce prendono vita

e dalla punta impaurita di un dito

si librano nello spazio infinito

leggiadre farfalle o roccia scolpita

 

si posano dentro e lasciano scie

luminose in occhi pieni d’incanto

umide in guance arrossate di pianto

segni dolenti o dolci fantasie.

 

Ci raggiungono semi di parole

cadono come gocce invisibili

plasmandoci come il silenzio vuole.

 

Sono ali nuove per arditi voli

balsamo buono per vecchie ferite

compagnia per non sentirci soli.

Il monte

Adoro il blauburgunder atesino
mi vedo su una china come un lupo
a cogliere lamponi da un cespuglio
accolgo il raggio e dico grazie, sole

che mi scaldi, mi accogli e mi consoli
in quel bicchiere si proietta il monte
che scalo fin da quando sono nato
la vetta è un cimitero fra i cipressi

ma intanto nel mio corpo si riflette
l’ardore che è pistone della vita
le stelle, il mondo, la gravitazione

il buio ed il chiarore e quella fiamma
che brucia fra le onde e nei rimbalzi
dice: tranquillo, non è mai finita!

Il Palio immaginato dell’Assunta

Ecco l’ora fatale è giunta

vedo sfilar mazzieri e figuranti

nel palio della festa dell’Assunta

assieme ai fedeli rappresentanti

 

della città di Siena che, raggiunta

la zona mossa in veste di garanti,

rimuovono i sigilli al che uno appunta

la posizione   dei partecipanti

 

ai canapi chiamati e, la rincorsa ,

la decima contrada sorteggiata

del bruco con la spennacchiera addosso

 

decide la partenza della corsa .

Con una magnifica volata

è prima e vince col cavallo scosso.

 

Di lacrime commosso

il popolo festeggia per la strada

col cencio la vittoria di contrada.

Il peso di una condizione

Che dire della noia dei tuoi giorni senza storia

oggi   un fulgido sorriso compare

guardi di nuovo quel risucchio del mare

che un tempo contemplavi   con smisurata gioia

 

E’ vita nuova questa   non fuoco di paglia

giorni sempre mai più uguali corrono ora senza indugiare

tu sicuro d’esser nato solo per odiare

con audacia hai frantumato quella tenace bestia

 

Impalpabile ora voli oltre l’orizzonte sospeso

su quel filo intrigante tra il giorno e la notte

lì ove si captano i giudizi terreni affini a vecchie litanie

 

Sfrenato e sereno procedi per le ignote vie

che il tuo cuore dispensi solo amore tralasciando le ipocrite rotte

sii te stesso e non crucciarti d’aver gettato via quel peso.

Il prato

Siedo beato

Su questo inconfondibile prato,

siedo tra mille pensieri

mi adagio leggermente

su questo manto verde

lo spazio circostante si e’ dilatato

mi sento a tre passi dalla luna

soltanto Venere puo’ starmi vicino.

A volte mi sembra di camminare sulle stelle

Dimentico le mie ansie tra i fili d’erba

Al di la’ del prato ci sei solo tu,

oh musa terrestre!

La natura per te d’amor si veste

Aspetto il sole settembrino

Si nasconde dietro alle spalle del mare

Una luce intensa di la’ si diffonde

Trasportata dalle onde mi travolge,

questo e’ futuro

non lascio solo il mio prato imperituro.

Il ritorno di Pinocchio

Bravo Pinocchio! Crebbe e sposò Alice,
giunse a lor l’uzzolo d’acquistar casa,
quale lido è miglior per dirla evasa,
‘l tarlo divagò in men che non si dice.

Giù, canta la prefica ammaliatrice,
anche su, ‘l fango l’appalta e l’invasa,
nel mezzo d’ogni dolo vien pervasa,
svanì così ‘l lare e l’aura felice.

Macché scrittori, poeti e naviganti,
disse: ci vol altro che quattr’occhi,
questo signori, è un pese di briganti,

vorremmo che qualcun si penta e arrocchi.
Le fiabe son rimaste dominanti,
meglio tornar nel paese de’ balocchi.

Il rumore del vento

Soffia un refolo di vento nel bosco
solitario, tra due ali giganti di polvere
e tra i pioppi incolonnati nella lunga
strada del deserto degli abissi.

Scorgere nel rio scosceso la flebile
caduta delle foglie dell’albero
sempieterno, la tua visione in quella
strada desolata, mi riconduce a te,
in un sogno notturno d’estate.

Con i tuoi slanci arditi, ho cercato il mio
sentiero nel  mezzo del cammino, ho visto
la profondità delle acque impetuose del mare,
e vidi e vissi con te i bagliori di una fulgida
stella nella limpidezza dell’azzurro cielo.

Ho danzato tra le onde del mare,
in cerca di uno scoglio, nel buio
della notte, fui guerriero solitario
nella prateria dei lunghi inverni.

Nel sogno ho incontrato nel mio
percorso, le dolci litanie dei tuoi baci
improvvisi, ma le lunghe attese
inquietanti del rumore del vento
hanno scosso l’indole e l’armonia
del mio amore verso di te.

Vorrei incontrarti lassù tra mondi
sconosciuti, tra la bellezza dell’amore,
e poi seguire i tuoi passi, per respingere
la furiosa forza dell’acqua, che si scaglia
contro il faro spento dai fulmini,
tra il dirupo della tempesta, e il dolce
naufragar del fiume di nebbia bianca.

 

Il rumore di una foglia

ci sta
che del silenzio
si ami il cuore
quando a parlare
è il crepitio dell’acqua
d’un ruscelletto
che tra i suoi sassi scorre
e balza come volo di farfalla
senza sapere in fondo
chi rincorre
così posso dipinger di parole
quel corpo snello
disteso sulla sponda
che appena sfiora
ma non travolge
l’onda

Il sale del Ciaschi

CIASCHI – Ditemi, non è da matti entra’ ‘n codesti fummacchi puzzolenti?
UOMO – No. C’è un bel carduccio… giusto per passa’ l’inverno. E quando costà, è un freddo cane, qui si ride ben contenti.
CIASCHI – Contenti sì, caro signore, ma coll’anima appesa sull’Inferno.
CIASCHI – Non è ’l carduccio, costà c’è roba ben nascosta.
UOMO – E cosa vorreste ave’ da questo ameno posto dove vivo.
CIASCHI – È quella biocca bianca che vorrei, quella che s’incrosta.
UOMO – Sarebbe a di’?
CIASCHI – Il sale sedativo!
UOMO – Che diavoleria sarebbe? Son paroloni!
CIASCHI – È quella roba bianca.
UOMO – A me par gialla
CIASCHI – No… è quella lì che bolle nei lagoni.
UOMO – E ditemi… come fareste per piglialla?
CIASCHI – Basta manda’ l’acqua dentro ‘na cardaia e accende’ ‘l foco.
UOMO – O fatemi vede’ come fareste di persona.
CIASCHI – Io vengo, m’avvicino, ma… ve l’ho già detto, e mi fido poco.
CIASCHI – Attraversa’ così, senz’ave’ sotto a’ piedi terra bona.
UOMO – Non ve ne curate, di lì, sulla biancana… è un gioco.
CIASCHI – Aiuto sprofondo! Voi siete un Diavolo!
UOMO – In persona.
Alla memoria di Gian Antonio Ciaschi

Il sole e le altre stelle

Mi piacerebbe scrivere un sonetto
sul grande amor che fa muovere il sole
ma pur sollecitando l’intelletto
metafore non trovo né parole

e mentre me ne sto distesa a letto
e attendo il sonno che venir non vuole
sviscero ed analizzo ogni concetto
ma tutto si confonde e me ne duole

poi col passare lento delle ore
ricordo che c’è già stato qualcuno
che speso s’è a parlar di quest’ amore

né come lui mai parlerà nessuno.
Allora mi si alleggerisce il cuore
e finalmente altri sogni aduno.

Il suono dell’anima

Ha l’odore della  pioggia quel canto
che le primavere mi hanno insegnato,
nel silenzio diventa goccia di pianto
quel tempo perso in un filo di fiato.

Soffia il vento contro la finestra
disegna silenzi l’ombra del pino
si accende di rosso un’ora di festa,
ma l’anima sente un dolore vicino.

C’è un suono, una parola che canta,
si libera in volo, chiaro, un pensiero
attende la pace, una voce santa;

vibra come l’erba alto nel cielo
respiro di vento, linfa della pianta,
bianco, come colomba nel cielo nero.

Il tempo Medioandante ovvero l’età di mezzo

Quel del Medioandante  che tempo strambério
due occhi lui possiede in  baruffa  assai ferlecca
opalio quel detragno , di memoria si sberlecca
azzurigno quel atragno , curioso e lungimério .

Mirandra sperandio il sol che bricca rugio  ,
s’incruccia poco o sgnacca di quello smorzelloso .
Celerzio sfrinzia e ronda nel tempo budrioso
di orari ansilanti e di malsonno rovellugio .

A volte lentagiandro petala e tra se solfeggia
si stoppa in stimparlini le nuvole contando ,
tra sguardi privitempo d’amore si sdraleggia ,

s’attarda su un solpiede le ciarle memoriando
tra polke e valzerlenti ludioso lui sbeccheggia ,
e del tempo sfrunghio e lungio si sbarluffa ridanciando .

Il traguardo del pianto del mare

Almeno una volta nella vita è capitato a tutti di lacrimare,
ma non all’immenso ed incantevole mare.
Sognava onda dopo onda,
di raggiungere la lontana sponda.
Ma ognuna di queste non era mai abbastanza slanciata,
fino a che un giorno una sua lacrima fu versata.
E poi ancora e ancora ..fino ad arrivare a mille,
fino a che non gli si prosciugarono le pupille.
allora il maestoso mare si espanse,
e un cavallone enorme apparse.
Così finalmente l’acqua sullo scoglio sbatteva,
mentre il mare ancora piangeva.
Dopo l’ennesimo tentativo,
aveva raggiunto il desiderato obiettivo.
Arrivó a quella terra da lui tanto amata,
faticosamente lacrimata.
nonostante i rimasugli di rabbia,
fu felice di battezzare la sua meta “sabbia”.
la rese fastidiosa con il vento,
per ricordare il momento in cui gli provocò tormento.
E piacevole senza un clima ventilato,
gioendo nel veder tutto bagnato.
Fu da quella vittoria che anche l’uomo iniziò ad azzardare,
e a piangere dopo aver visto il traguardo del pianto del mare

Il tramonto rapito

Lo sapevamo tutti,
ma, nessuno di noi,
avrebbe guastato

quell’attimo effimero
di felicità fuggente.
“Ci rivedremo…”. Dissi.

“Forse lassù…
Un giorno!”.
Rispose.

E fu
subito
notte.

Il Vampiro

Profonda entrasti senza chieder venia
E calda linfa teco risucchiasti,
Come il Vampiro fa nella sua nenia;
T’accolsi, cieco, e Morte mi donasti.

Son preda, adesso, solo e taciturno
Di fredde membra e guardi vuoti e spenti;
Son preda di chi fugge dal dïurno,
E all’ombra mia strisciando van serpenti.

Il bacio oscuro sibila e il sospiro
Inerme l’alma al ciel mi fa spirar;
Canini aguzzi e un liquido ritiro

Io sento dentro al collo tramutar
Il corpo morto in quello d’un Vampiro:
È dolce questo bacio, ed il sognar.

Importante è credere

Sto seminando nei campi della vita
i chicchi di frumento più pregiato,
per far sì che un giorno
io venga ricordato.

E corro senza sosta
rinnegando la paura,
in cerca di terreno fertile
per la stagione futura.

Lottando con coraggio
contro insidie ed  inganni,
vedo fuggire il tempo
tiranno dei miei anni.

Così mi ritrovo solo,
vecchio e affannato
a guardare le ferite
che la vita mi ha lasciato.

Non so di ciò che ho fatto
quale sarà il frutto,
ma l’esistenza è un dono
che non va certo distrutto.

Importante è credere,
guardare nel futuro,
aprirsi al mondo
ed abbattere ogni muro.