Archivio Sonetti
Esistere
Il gabbiano sorvola la battigia
e lascia scivolare la sua ombra
dove ricami di dorata sabbia
esaltano passi un tempo esitanti.
L’incombente autunno si è dileguato,
nuova speranza giungerà a schiuder
gli alterni ritmi dell’esistere.
Radioso, saetta in volo radente
nel felice gioco con l’onda mite
quand’essa s’abbandona al suo avanzare
prima che un’altra, lenta, la raggiunga.
Veloce s’innalza fiero e spavaldo
fronteggiando il sole nella sua corsa
io rapito, mi libro sulle cime.
Esodi e muri
Preme il dolore d’Africa alla soglia
in cerca di rigogli e di fortuna
nell’ampia chioma viola anche la luna
fomenta desideri nella voglia
eppure la paura vi germoglia
errante eleva un muro d’onda bruna
che varca lo smeraldo d’ogni cruna
per volgere l’ardire in nuda doglia
lacrima allora il mare perturbato
gemmando rose acerbe e scontrose
nel passo chiuse ad ogni altrui cammino
velato in nebbie lise e luttuose
annega il cuore stanco, clandestino
nel fiore disilluso, inappagato.
Espiazione
Mi mastichi, le costole al mortaio,
ai moti insegni folli il giusto, e pieghi
da far la spina al tino dei miei prieghi
le lettere onde vuoto il calamaio.
Rimangio l’astio per le nuove leve:
rimani, menda il vano dal mio scritto,
e anche quand’il cielo si fa fitto
lo spirto rassicurami sia lieve;
Così nel cieco cavo dell’empireo
in giubileo al consesso dei poeti,
cui suggere il divino sempre lice,
Se mai dopo la morte il capo allineo
tra i tanti della vita anacoreti
dal canto l’unico sarò felice.
Esser sia
Sia fuoco l’agire delicato forte
per scoprire il vero chiaro inizio
dentro le stanze delle sacre porte.
In effimero loco trova il vizio
estirpalo sempre celeste amore,
luce sii cavaliere maestro saggio
in terre verdi scalda con fervore
l’interiore intrepido paesaggio.
Temo e tremo e prego e spero
offrendo all’Altissimo sacrifici
per rinascere tutto, esser vero
oro splendere in occhi serafici
questo solo o Re chiedo e voglio,
diventar completo seppur spoglio.
Estate
Sì stringeva di lontananze arroventate
la verde e polverosa parete di collina,
si distendeva tra Fiordalisi e papaveri nella sabbiosa estate di febbri afose.
E staccata dagli stampi d’azzurro
L’ombra improvvisa di un confine di fresco,
un soffio di crepe si posava
sullo smalto delle tue pietre,Vetulonia.
Ancora mi riparavo,tra siepi di campagna,
Tracciavo il profilo della dell’asciutta schiena
Tra curve rosse d’immobili arsure
Con tonfi di grano tra fiere di cicale.
Tinte di villaggi velati e deserti
tra ragnatele di toppe nell’ago del maestrale
tamburi di fuoco e profumi di fragole,
mi bruciava L’estate in una visione
tra lampi gialli di fiori che ronzavano
sopra collari di caldo nell’aria
nel coro di rame della mietitura,
Cornice di Linee riarse
di un canone immaginario e antico.
Eterna armonia
Rilucente del tuo paradiso
grida a te il cielo dell’anima mia,
folgorato dall’ardente sorriso,
che gli occhi scioglie in soave balia.
A te offro questo mio improvviso,
ricamato in soffice melodia;
a te il delicato fiore reciso
dal mio deserto di fantasia.
A te dono questa gioia ch’io sento
pei dolci baci che da te ho colto,
per le carezze in cui mi sono perso,
per essere ognor del tuo universo
canzone di stelle sul tuo volto,
vibrante su corde d’arpa d’argento.
Fabbricarono una storia delle origini
Fabbricarono una storia delle origini
Inserendo una periodicità catastrofica
Per ovviare alle questioni irrisolte.
Dopo un urlo lancinante nel bel mezzo
Della notte della Storia, soffocato sul nascere
Dalla ragione, dal piacere, dal timore divino,
Ci fu più niente.
Fai traboccare di luce i miei occhi
Fai traboccare di luce i miei occhi
come una goccia in un mare d’incanto,
come una lacrima immersa nel pianto
chiuso nell’anima quando la tocchi.
Quando nel vuoto rivedo i tuoi occhi
come due lampi di brusco rimpianto,
scopro che sono i tuoi occhi soltanto
pieni di candidi e muti rintocchi.
Ma sulle ceneri della mia vita
brilla una gemma di luce infinita,
fin dove ha voce la gola sospesa
sopra l’abisso di un tacito pianto,
e dove l’ovvio si muta in sorpresa,
dove ogni brivido diventa canto
Falsi miti
Modelli irraggiungibili perfetti
miraggi insegui per tutta la vita
-contenitore di pseudo-difetti
indotti, anche se l’altrui ambita
felicità cela sotto i belletti,
a riflettori spenti, la ferita
dei compromessi, cedimenti abietti
in un girone senza via d’uscita.
La solita routine spiega le vele
verso un ben noto orizzonte di tedio,
stabile insoddisfatto logorio.
Un salto nel vuoto senza cautele
delle banalità rompe l’assedio
aprendosi al precario sgretolio
Favoletta di primavera
Anche sul tronco può nascere un fiore,
se primavera la scorza sua rude
accarezzando gli infonde un tepore
che nuovo un desio di vita gli schiude.
Avverte il tronco uno strano languore
sotto la pelle e i grandi occhi socchiude,
ma troppo stanco è l’antico suo cuore,
e nulla più lo lusinga e l’illude.
Eppure dietro alla dura corteccia
sente bussare un germoglio. – E’ la vita! –
sospira il tronco ed abbozza un sorriso:
– Esci, – sussurra – qui c’è un paradiso! –
Preme la gemma , dischiude una breccia,
si sporge e al bacio del sole è fiorita!
E gioisce il tronco timido e schivo:
“Ora son certo che sono ancor vivo.”
Feisbucche
“Andiamo al cine?” “E perchè mai?
C’è il social! Gratis e divertente.
Su feisbucche tante stranezze, sai?
Un mare di soggetti casualmente
assortiti: grandi e piccolini,
malevoli, onesti, dissoluti,
poeti rabberciati, pivellini
filosofanti, semplici cornuti….
Tanti grulli, per mostrarsi assai
sapienti, postano assiduamente
bischerate colossali. Oh, dai!
Burliamoci di certi diavolini:
si spacciano per dotti e arguti
ma son solo poveri cervellini !”
Flow di pensieri
I palazzi ombreggiano l’asfalto
Nei meriggi assolati dell’estate
Le paure impaurano di meno
Raccontate col cuore in tangenziale.
Sparecchiato in cucina i neoplatonici
Si ubriacano e Marzullo sottovoce
Intervista la gente dello show
Mentre il tempo trascorre tra le righe.
Dei rumori di passi riconosco
Che mi portano fuori dalla tana
Come musica: amo tra milioni
E milioni di stelle il mio bocciolo
Mio perché ne conosco il viso, il nome
E guardarlo mi rende un po’ più quieta.
Foglie
E poi su tutto giunge l’ autunno.
Foglie gialle, rosse, qualcuna ancora un poco verde,
Cadono a terra,
Ma senza farsi male.
Mi piace mirarle,
Ora che non sono più giovane,
Ho tempo.
Attendo una folata di vento, e mi diverto a guardarle.
Si alzano, vorticano, danzano in tondo simili a streghe.
E mi spiace, quando il vento si queta,
Vedere che si adagiano un’ altra volta a terra.
Poi vengono calpestate,
Come le mie opinioni.
E mi sento anch’io una foglia gialla, secca, polverosa
Fosse anche
Fosse anche l’ultimo dono, io ringrazierei.
Per la pioggia di questi giorni che impregna il suolo,
per il freddo che riconduce a ragione insetti e sorgenti,
io ringrazierei.
Per il dono dell’alba fedele, fosse anche l’ultima,
io ringrazierei.
Fosse anche l’ultima speranza, io partirei.
Prenderei per mano i bambini,
e con le poche cose necessarie al bisogno dentro un passeggino, con le cose strette in un fagotto e avvolte nella plastica, affinché l’acqua salata non le guasti,
io partirei, fosse anche l’ultima speranza,
in lunga fila con gli altri ad attraversare confini,
dentro improbabile fasciame ad attraversare il mare,
io partirei.
Fosse anche l’ultimo torto da subire, io griderei.
Griderei “io sono l’ultimo compagni!”,
oppure “no bastardi no!”,
ma io griderei.
Mi garantissero che questo, proprio questo qui, adesso,
è l’ultimo torto che subiremo,
e poi pace per sempre e per sempre gioia e per sempre famiglia, io comunque griderei
e con la gola gonfia e troppe lacrime a scendere
stringerei, fosse l’ultima volta, al petto
coloro che amo.
Ché nessuno abbia a dire domani,
fossi io stesso di me stesso,
che non ho ringraziato,
che non sono partito,
che non ho gridato.
Fuorché un uomo
Bramo essere
animale,
per non essere
giudicato.
Un pesce,
per essere
muto
e non poter
trafiggere
con la parola.
Un’aquila,
per essere
superiore
senza
schernire
alcuno.
Tutto,
fuorché
un uomo
insensibile.
Futura
Parole ingabbiate
in un corpo rigido,
di un sentimento espresso
dall’assenza reso
Scalda il gelo del cuore
il pensiero di te che non sei
ma sarai.
Quali capelli accarezzeranno le mie mani?
Silenzio.
Le scarpe infilate dai pigri piedi
verso un possibile incontro
incedono
Sul piano obliquo del tempo
che corre verso il nuovo anno
spinge il desiderio di un moto che scuota.
Gatti in musica
Libere e mitiche creature,
nelle nostre vite onnipresenti
con allegria e senza lamenti,
donatrici d’ore, leggiadre e pure.
Creatrici di suoni d’argento,
olistiche angosce assenti
con loro giochi e divertimenti,
musiche soavi spargono al vento.
Sui tetti, di stelle, infinitogramma
simili a note, danzanti e splendenti
accendono nei cuori calda fiamma.
D’agili sinfonie compositori
con mantelli morbidi e lucenti
dolci felini, di luna cantori.
Gelosia
Alquanto permaloso lo sposino,
poiché geloso forse più d’Otello,
se la moglie parlava col vicino,
minacciava di compiere un macello.
Geloso era di tutti: d’un cugino,
d’un amico, persino del fratello,
che fece alla cognata l’occhiolino
e poi fu minacciato col coltello.
Il nonno consigliò sapientemente:
“Se vuoi che sia fedele la tua sposa
vigila, tuttavia discretamente;
amala sempre più d’ogni altra cosa,
all’occorrenza porgile un presente,
e bagna tutti i giorni la sua rosa”.