Archivio Sonetti
Siena pensaci … (Sonetto in memoria del cavallo Messi)
Su Piazza del Campo il sole batte forte
non c’è la gente ma l’odore della morte
è sparso sopra tutte le contrade
che Messi più non mangerà le biade.
Non mangerà più biade né correrà sui prati
egli morì per svago dei casati
della città di Siena e di qualche viaggiatore
che rimase sconcertato a tale orrore.
Or Vi darò un consiglio senesi belli
fate cantuccini e ricciarelli
che a nessuno mai han fatto male
il Palio ormai è uso medioevale.
Senza coscienza e senza giudizio;
val più una vita oppure il vostro sfizio?
Non voglio creare screzio.
Siam cortesi fratelli di regione
la mia è soltanto un’opinione
Silenzio
Smarriti in questo mondo tecnologico,
usiamo ogni attimo per trovare dentro di noi
il vuoto, attimi che in verità non sono mai esistiti,
confondendoci la realtà,
facendoci riflettere e ascoltare
in tristezza e in solitudine il silenzio.
Pensieri e idee bussano
alle porte chiuse dei nostri occhi,
mentre le orecchie rimangono appena distese
per ascoltare il nulla che circonda.
Smarrimento
Fino a ieri,
sorridevo al nuovo giorno,
mi rimboccavo le maniche
ad ogni cambio di calendario,
incurante della stanchezza
e delle notti bianche.
Sorridevo alla vita,
al futuro, a te amico mio,
e a te che non conosco
ma che mi saluti
quando ci incrociamo sulla via.
Già, fino a ieri…
Poi, d’improvviso,
qualcosa si è rotto,
spezzato, frantumato,
qualcosa che non appartiene
al mio microcosmo,
ma che sento provenire
dal marasma del mondo esterno.
Qualcosa ha paralizzato la mia vita.
Niente è più come prima,
lo sento subdolamente dentro,
un aculeo nell’anima.
Nel cuore è calato
un velo di tristezza
che non si lascia togliere.
Nella mente non più pensieri
luminosi, ma il caos.
Il respiro rallenta,
fino a diventare un flebile rantolo.
Smarrimento.
E’ di nuovo giorno,
ma ho paura.
Paura di non ritrovare le mie origini.
Paura di perdere il controllo.
Paura di ascoltare.
Paura di dire.
Paura di non dire.
Paura di fare.
Paura di non fare.
Chi mi ha tolto il sorriso
mentre ancora sognavo
albe rosate e tramonti di fuoco,
mentre ancora sognavo
di abbracciarti per essere felice,
e tutto questo mi bastava?
Chi mi ha rubato la libertà?
Qualcuno ha calato il sipario
senza chiedermi il permesso.
Rivoglio la mia vita.
Giugno 2022
Sofferenza d’Amore e speranza
All’imbrunire odo alitare il vento
ma la natura selvatica tace
e tutt’intorno poi regna la pace
però spezzata da un sordo lamento,
e nel pianto s’evince il patimento
dell’alma mia che molto si dispiace
delle bugie di un amore fugace
che ha beffato ogni mio sentimento.
Ma ora che sta per giungere l’Aurora
a lenire cotanta sofferenza
allora un dì la speme nel mio core
ritornerà per sanare il dolore
che mi fu procurato dall’assenza
del vero Amore che anelo tuttora
Solidarietà
Il vascello che solo fa partenza
errando su di un mare alla tensione
di ignote onde, volge via il timone
a veleggiare salvo in provvidenza.
Lo spettro che tu scruti è l’esistenza
che nella nebbia “ adombra ” l’illusione,
tanto uno specchio infranto a convinzione
d’aver campato solo a dar sentenza.
Tra nubi sbrindellate di incostanza
la pioggia tra le mani è il tuo veleno,
ma aleggia or ora un’aria di speranza,
brama il tuo bene dentro un ciel sereno;
in mezzo al vuoto di malinconia
tendi la mano… troverai la mia.
Solitudine
Tra le pieghe del giorno s’affollano
i ricordi: tornan protese le vie;
dentro i cortili i bimbi giocano,
rincorrono l’aria di sinfonie.
S’ode il fior cantare tra arbusti
dove i raggi del sole si posano.
L’ora tersa del giorno pasce venusti
casali nel mentre si riposano.
Belano le mandrie, vanno nel sentiero
verdeggiante dei prati a primavera,
risuonano i campanacci al pascolo.
Torna il cielo antico: il volto sincero
che non reca inganno ma abbevera
il peregrinar di chi riman solo.
Sonetto al crepuscolo
Nuvole tinte impongono la sera,
costeggiando lente i bordi del cielo,
fregiano sfondi alle gemme del melo,
lembi di sole sfioran la brughiera.
Mi perdo ancora nei tuoi occhi chiari
che penetrano i miei pensieri tristi
rivelando di universi mai visti,
ricolmi di sogni sempre più rari.
Corron gli anni come lepri sui campi,
pressan le mete del nostro gioire,
svaniscono nel cielo come lampi,
eppure il tuo sguardo nel suo fluire
stilla luce che rianima la sera
d’un dì qualunque che sta per morire.
Sonetto d’amore
Tra sentimenti contrastanti
ci siamo incrociati lungo sentieri
impervi e sconosciuti sino a ieri,
bramando di divenire amanti.
Inconsci desideri abbaglianti
e i più folli pensieri,
in cielo volavano fieri
come silenziosi alianti.
Del nostro futuro siamo gli arcieri
che scoccano dardi brillanti
inseguiti da prepotenti guerrieri.
I nostri occhi luccicano scintillanti,
i nostri cuori sono come bracieri,
in nome di amori dai destini orbitanti.
Sonetto della nuvola alla fonte
Vidi una fonte d’acqua cristallina
Sgorgare dalle pietre levigate
Sul fondo d’una carsica dolina
Nel sole caldo della verde estate.
Sulla polla incombeva la rovina
Delle brune pareti abbarbicate
Per miracolo al cielo, ove sconfina
Lo sguardo sopra le fronde agitate.
Ma arde il desiderio che discioglie
La paura del vuoto come cera
In quell’urna di specchio trasparente.
Ne bevvi un lungo sorso avidamente
Mentre in alto una nuvola leggera
correva insieme al vento fra le foglie.
Sonetto di una goccia
Niente è mio di tutto ciò che esiste
Neanche il mio corpo, lo dovrò ridare
Al re del tutto ma non sono triste.
Mia la capacità di sognare
Mia la voglia di fare e progettare,
mia la poesia che sul foglio insiste
a contemplare il mondo, a reinventare
il nulla. Nulla resiste sussiste
neanche io che poeta immortale
volevo diventare e poi restare.
Impermanente sono. Ma ferale
Non sarà il tempo a non tornare.
Il canto, il verso che resta uguale
Come di goccia che muore nel mare.
Sonetto elisabettiano ggiovane
Bella lì, raga’, ke scrivo ‘sta poesia
so’ messo sciallo, senza andare in sbatti,
ke mi prende una cifra ‘sta kosa, zia!
Scrivo sul cellu, poi whatsappo ai contatti.
Mo’ dove inizio? Tranqi, batto a nastro,
ke racconti ne ho scritti già un bordello,
ma un sonetto, ke storia! È un disastro.
Sono sclerato e sta kosa è un macello.
No, è da insuff! Shifto sul divano,
vado a spararmi Fedez con l’iPhone,
aveva ragione la prof di italiano
ke mi diceva, trenta anni or son:
“A scriver bene non riuscirai mai”.
E se mi sgama mia figlia sono guai.
Sonetto livornese
La tamerice è a du’ passi dar mare,
il libeccio la vòle troncare, lei tutta piegata in avanti.
Il libeccio da sempre la scòte e la ‘mpregna di sale
lei fa da cornice a’ pensieri di pochi passanti.
Sur muro di ‘asa ‘na foto ‘ngiallita
mi dice der vecchio lavoro di nonno
È sur muro attaccata da più d’una vita.
Sur Pontino ‘na voce sguaiata riecheggia nell’aria:
“Boia de’!” M’hanno rovinato, loro!”
Mi pare, sapete, lo sfogo sguaiato d’un ‘omo che dice quarcosa di vago
di vando c’era in giro un po’ di lavoro.
E te, Livorno, ti ri’ordi ir mi’ nonno ‘n bottega a vende’ stoffe e bottoni?
Ti rammenti le donne ar mercato, i cestai e le trottole da’ mille colori?
Stasera sur porto sentivo ‘anzoni stonate di tre pescatori.
Ubriachi di vino eran lì a consolassi d’un amaro bottino.
La mi’ bella città barcolla e svarvola di testa,
lo vedrebbe anche un bimbo piccino.
Ma la Livorno più bella ner cuore è rimasta
con la voce di quer disgraziato a ragiona’ sur Pontino
Sonetto per Macerata
Ricordo mar che non deluse mai
le onde mi par di vedere lontano
l’eco di “cocco”, calore umano,
ma c’era tanto amore e l’amai.
Oggi di allora è il domani
Firenze di Macerata periferia
la vita è infinita nostalgia
di tempi, spazi, di volti e mani.
Dal nido sui rami della memoria
spicca il ricordo che mai mente
solca il papiro della mia storia,
soffia lo zefiro di giusta gente;
ed ecco il graffito per la sua gloria:
Cristo è risorto, non più latente.
Sonetto stonato
…Scrivo,
provo ad esternare pensieri
puri e sinceri,
eppur sopravvivo
in un mondo iniquo e ingiusto,
Vorrei comporre una stonatura
una nota fuori da questo coro vetusto,
una falla, una forzatura.
Ognor spaventa e impazza,
fa ridere
o schiamazza,
tristi opere
poste in fila indiana
per queste sere
e quelle d’un altra settimana.
Sopra ogni dolore
Pongo uno sguardo sopra ogni dolore
di tenerezza, perché so che un giorno
dolce sarà curarlo, antico fiore
lucente sulla strada del ritorno.
La gola è tutta sazia del sapore
di quei ritratti che accendono intorno
l’aria di un mondo andato col calore
dei ramoscelli secchi dentro il forno.
Lenta la sera increspa già di agrezza
le ombre sinuose e i voli senza scampo
e illanguidisce piano ogni chiarezza.
Ma il grano cresce sempre dentro il campo,
alto e robusto, insieme alla pienezza
dei sogni che maturano a ogni lampo.
Struggimento
Madre mia, or che compiuto è ogni affetto
e dal tuo vermiglio nettare, profondo
alimento più non traggo, gemebondo,
con salse stille il tuo sepolcro netto.
Dacché ti avrò solo in sogno al mio petto,
più nulla bramo dall’amaro mondo
e mentre col senno nel ricordo affondo,
l’alba del nuovo giorno malaccetto.
Nel cuore stagna l’afflitto tormento,
vivo pensando a quel palpito estremo
che al sonno eterno ti ha ïeri trasposta;
la tua mitezza, or, l’appello al Supremo
a elevar mi esorta: e io so che non v’è sosta
per l’infinito, enorme struggimento.
Sul confine
In chiara luce d’intatto mattino
mentre lento è il declino d’estate
ombre quiete ritrovo e persone
care, fors’anche soltanto sognate.
Pare allora leggero il cammino,
in discesa, come ora è l’estate:
anche il cuore si fa una ragione
di perse mete, per sempre mancate.
Cerco luce incantata, che ammali
mentre lenta tramonta la vita,
cerco ombre d’affetti amicali
con le lenti di fragili occhiali.
A quest’alba chiedo quiete infinita:
sul confine ho bisogno di ali.
Talitha kum*
(sonetto caudato)
Ragazza sveglia, ascolta il mio richiamo:
levati su dal letto e lascia i sogni
alla notte fuggita, fantasmi d’ombra
senza alcun spessore.Il sole chiama
a muovere le membra e scalda i corpi
usciti dal torpore. Munisciti
fanciulla del vigore dei pensieri
che la luce modella. Ammiccano
tra le pareti della mente come brilla
una stella al firmamento e tracciano
rotte per valicar l’angustia dei confini
e liberar le forme prigioniere
nel soffio raggelante, dove muore
l’anima tua ribelle e rigogliosa.
Presenta al giorno la tua perfezione
e sii per te sorella e dolce madre
nel lasciar sulla strada ogni tormento
* fanciulla alzati, nel vangelo di Marco