Archivio Sonetti
Talvolta nel rimar tento l’ardire
Talvolta nel rimar tento l’ardire
ma immacolato foglio inganna;
vaga il pensiero e poi s’affanna
cercando temi nuovi da scoprire.
Che d’amor, guerra e umane mire
il mio poetar osa oppur si danna;
quell’inedito che pare appanna
che d’altri versi già fu tanto dire.
E il meditare vergine rifugge
argomenti da millenni uguali
e sensi di gioia o di soffrire;
così in questo scrivere che strugge
per poco sopravvivono ideali
disperse d’orgoglio eterne spire.
Tante tentazioni tentate di vivere
Tante tentazioni tentate di vivere
Tinte di tanti abbandoni
Tante sagome d’uomini sparsi
Spersi tra dirupi a sporsi
21 aprile 2017
Tempesta nel cuore
“ Mi fa un sacco male
saperti fra le braccia
di qualcun altro.
Ogni sera ti ammiro,
scorgo il tuo viso nelle stelle
e anche se piove a catinelle,
il tuo sorriso è da capogiro.
D’un tratto però…
Arriva la tempesta,
senza nessuno avvisare.
Cruda e violenta,
porta con sé lampi, turbini,
saette e fulmini,
tutte cose che in mezzo ad una tormenta
non possono mancare.
E’ così temibile e funesta.
Al suo avvento,
ogni stella
lentamente svanisce,
come la carta fra le mani di un mago
che sparisce.
Possente, scrosciante,
Ma sai qual è la cosa bella ?
E’ la presenza della tua voce
tra le fredde grida del vento.
Tutto sembra finito,
ma ecco che d’un tratto;
c’è un altro arrivo.
E’ un botto.
Tutto è ripartito.
Fa paura;
ma in mezzo a tutto quel nero,
a quel buio così scuro,
che ha bruscamente allontanato ogni cosa,
che ha fatto appassire la rossa rosa,
che ha attaccato con un colpo duro,
che ha preso potere in modo austero
e con molta disinvoltura,
solo il tuo viso non scompare,
e questo rallegra il mio cuor,
che un sonetto va a cantare.
Amore mio bello,
come il dolce canto di un fringuello,
volteggi con assoluta bellezza
e ti unisci dentro me. ”
Tempi
Tempi dove il vuoto ed il nulla ho combattuto
dove indifferenti colavano loro meschine parole e risa
e dove l’inferno li aspettava dolce come l’oro.
Quei tempi dove l’azzurro invece soleggiava dal sole
che spostato dalle onde del mare
colava di celesti diamanti caduti dalle stelle;
un rosso velo su comete di tuoi baci e comete
e le tue labbra così di caldo amore
sussurravano dolci amplessi del mare.
Amor mio quanta strada ci sta accogliendo
tra spine di rose e dolori
ma tra cobalto di un rosso mondo felice
nato da germogli infervorati
di rudi e nudi occhi intrisi di sole.
Mio amore le fulve e celesti ore insorgenti
e trepidanti sorrisi dove culle ed ampolle
piene di Muse ed ancelle e dove lì Amore
dalle piume color del mondo ed amore
così bianche ed accecanti vibrano al sogno
un sogno felice di color del caldo amaranto.
Mia bella amor e ti amo
e tra gioia e gioia per mano
ti bacio dalle rosse mie labbra
cavalcando montagne di acqua e piena dei ruscelli
brilla nel sogno di rudi farfalle.
La gioia ora è compiuta sotto aranceti
ed alberi di castagno dalle tue dolci parole
che hanno tuo viso pieno di vino
e di rozze perle nate da vita
e di nascita nascitura nascente.
Tenebra
Colorerai di tenebra il mantello,
cenere si deporrà sui tuoi pensieri,
poi volgerai le spalle al mio castello
e quello che sarò, quel ch’ero ieri,
invano cercherai tra quei sentieri
solari come il canto menestrello;
vivemmo insieme un tempo così bello,
sempre, dov’ero io, anche tu c’eri.
Crudel destino mi rubò la vita,
a te, mio cavalier, la dolce sposa;
sfuggì la gioia fra le bianche dita
ed or la bionda chioma qui riposa,
la profumata stagione è già finita,
come fragile petalo di rosa.
Terra lasciata, terra trovata.
Terra abbandonata con amarezza.
Dopo tanto mare che è abbastanza
il grido “Terra!” s’alza di speranza.
E finalmente arriva la salvezza.
Terra agognata per la sicurezza.
E che dispensa cibo e fratellanza
a chi approda, e non per vacanza,
che umilmente ringrazia ed apprezza.
Quella mia terra, che senz’acqua è fango;
dove c’era acqua c’è solo sabbia;
io che ho lasciato, ora rimpiango.
Anche senza sbarre era una gabbia;
da lì son fuggito, ed ora rimango
in questa nuova terra, ma con rabbia.
Terra puttana (24/8/2016)
Mò che fai, te metti a fa’ la stronza?
Sta’ bona, fermate, nun fa’ la casta,
de gioca’ ar rialzo n’ho abbastanza,
ho pagato, ce devi sta’, e basta!
Co’ du’ salti nun sciogli la questione,
l’abito lo rifaccio, stanne certa,
più provocante, come se conviene
a te,‘na puttana tanto esperta.
Caro ometto mio, e datte ‘na calmata!
È proprio ora che la fai finita;
nun me piace de esse’ ricattata.
La colpa nun è mia se m’hai tradita,
tu te fai ricco, io so’ maltrattata.
So’ nata nuda io, mica vestita!
Te brucia la ferita?
Impara a nun fa sempre er fesso,
da domani chiedime er permesso.
Terzo spazio 18.11.21
Né paria né prima
né supra né infra
ma successione in fundo
di superficie specchio.
Terzo che dello spazio
frangi il suono in eco
e come eco
il divenire seco
tieni, meco lo sguardo
d’altrui dispiego.
Nave che a diporto pria
a monte tace
di livella
luce amor soggiace.
Come arco in baleno
dopo il pianto
ascolto il canto.
Rosea vita accorri
a corpo dare
dell’impavido ardire
in virtù forgiare.
Guarda eppur prova
nell’historia umana
di popoli a virtute
fueron mute,
del verbo il sole
a rifiorir parole
e prole di proselita speme
indora.
Ti prego non andare via
Ti prego non andare via
ti ho ripetuto tante, troppe volte.
E tu hai solo fatto finta di esser mia
finché le nevi non si sono sciolte.
Ti hanno comprata davvero con poco:
quattro parole e una fotografia.
Non hai capito che era solo un gioco.
Hai preso le tue cose e sei andata via.
Ho ripensato a lungo a quella storia,
al nostro amore acerbo ed indifeso
e solo adesso trovo un po’ di pace.
Adesso che è finita quella boria
al punto che mi sono arreso,
ho accettato tutto e ritrovato luce.
Torna il ricordo
Ritorna sovente in me il prodigioso
fanciullo che sognava sentieri di quiete,
prati di ciel tinti, mare sì oblioso
che rema mille creste d’ariete.
Il colorato fiore ora si specchia
dentro il ruscello fluente che sfiora
l’acqua dispersa come dentro la secchia.
Torna il casolare che ricama
di filati quei dì dentro la casa
antica che il cuore a sé richiama:
come dir la nonna quand’ella rincasa.
Giunge dal vento un canto di filanda
che tesse le primavere, ormai, disperse.
Vanno nel cortile le mille foglie perse.
Tragedia nel mondo
Venti tormentati di contesa
gravi, pesanti, imminenti
vendetta, odio, furia inattesa.
Si vuole estirpare con rabbia
il male in ogni forma dal mondo
ai temuti, barbuti, sozzi talebani
si dà la caccia, li si appella cani.
Guerra infinita, globale,
e se il cosiddetto rimedio
fosse peggiore del male?
Ci sarà di che morire e piangere
da atti di guerra non verrà pace
che si usi la forza della ragione
Prudenza e che mai si dismetta
mite accortezza la sola capace
di assicurare l’autentico bene
a ogni piccola o grande nazione.
Basta! A nessuno si permetta
che la terra un deserto diventi
si aprano gli occhi, siamo nuovi, limpidi e con un grande cuore
pace sincera si semini nelle menti.
Su tutti grava un buio tremendo
giorni infelici, folli distruzioni
ferocità, ci si scanna: massacrati.
Guerra e ancora guerra, vili attentati,
ovunque cadono a milioni bombe
rombano, impazzano, scavano tombe.
tre e mezza
luna bianca di nero
un pensiero sorge
vicino al mio petto
quante lune nascoste
da giorni distratti
e opere sfiancanti
lontano da te
penso di tornare al giardino
di notte con te
sdraiati separati dagli altri
penso di tornare più giovane
durante la notte bianca di luna
a parlare con te
ti direi le cose che col tempo ho saputo
ti bacerei la fronte e le mani
in segno del mio rispetto
cadrei nei tuoi occhi
pervaso di –
– e mi prendi
ogni volta più forte
e non mi lasci
ogni notte di più
nella stagione del silenzio
un pensiero che dura per sempre
mentre fuori il giorno muore
Trepidazione
Passate le sere estive
oscuri penosi pensieri,
come neri destrieri,
fuggono le note rive.
Caldo e afa tardive
si affinano fieri
nel memento di ieri,
le anime ritornano vive.
Risorgo, fenice,
nella brezza sottile
che la pelle carezza.
Esulto, felice,
dell’autunno gentile
che indora bellezza.
(19/07/17)
Umil creature
Rappresentano delle umili creature in natura i fiori.
Son pieni di stupende rose i giardini,
ritte e snelle sul gambo sottile che porta orgoglioso
quel fiore dalla forma tanto perfetta,
di tulipani con lucenti petali dai vivaci e chiassosi colori.
Son pieni di graziose pianticelle i prati:
le margherite con la bianca corolla leggermente dorata,
le viole dal delicato profumo, le gialle primule,
i fiordalisi azzurri riempiono della loro bellezza i fili d’erba.
La perfezione è osservarli da vicino i fiori,
studiarne attentamente i petali, i pistilli, le delicate foglioline.
Somigliano a dei piccoli calici, a dei rovesciati ombrelli,
a delle piccole campane i fiori.
Son perfetti gioielli che la natura offre i fiori.
E i colori?
Ora rossi, ora gialli, ora azzurri come il cielo,
ora turchini ora sfumati
con tinte che non si possono definire,
che colmano gli occhi di stupore.
Lo spettacolo dei fiori di gioia riempie i cuori e ricorda quanto è bella e meravigliosa la Terra.
Un pensiero dipinto sul tuo volto.
Un Pensiero dipinto sul tuo volto
l’apatia di uno sguardo stanco
languido sole che sa di tramonto
e la tua assenza al mio fianco.
Meriggio di un autunno assorto
è onda l’orgasmo veemente
mentre la bruma chiede al Risorto
perdono per il poeta gaudente
Cercavo baci in ogni silenzio
dalle tue labbra a sfiorare cielo
e il tuo imene come assenzio.
Di pianto sa il calice amaro
di un amore divenuto sordo
non so più chi tu sia ….o forse baro!
Una carrucola in angolo d’orto
Una carrucola in angolo d’orto
cigola d’ombra. La ruggine sembra
memoria postuma di sole, membra
battute al tendere d’un tempo torto.
Conserva il pozzo d’acqua sorta intatte
stille che s’alimentano di luna
e l’odore di muschio che t’aduna
la notte avanza dal muro di latte.
La lingua di basilico e di menta
dura s’è fatta dolce, lastricato
lo sterro, il ferro dell’aratro stenta
dietro l’asfalto, ottone lucidato
che brilla senza fuoco e ti rammenta
nostalgiche scintille di passato
Una sera alla finestra
Un brivido sopra le rosse tegole
nel tristo crepuscolo in lontananza
spinge un lieve venticello di fragole
tra lamenti umani e folle paranza.
Le bionde luci delle stanze accese,
le risate, il meritato riposo,
le grevi fatiche ai balconi appese,
il rude manovale al sole roso
dalla finestrella nascosta veggo
mentre uggiosa l’oscurità avanza
e un lieve moto nell’animo leggo;
dirimpetto una bambina che danza
certo ignara dell’angoscia che tengo
come un fosco furfante in latitanza.
Uno sfaglio….
Il vento, col suo fluttuar rombante,
l’animo ancor mi sferza e ancor
n’accora! Sfaglio di neve luccicante
ed un cavallo. Lontano, già il dottor!
In mano, come vecchio mendicante,
poca ricchezza ed infimo dolor!
La porto come lectio altisonante
l’umiliazione sol, dentro al mio cor!
Lontana è la paterna sua figura,
cui solo vento e gelo fan contorno!
Ma, quelle pesti non sul suolo sono:
nel paesaggio tristo ch’ho dintorno
recan sue stigmate, fola imperitura
d’una mattina e di quel padre buono!